domenica 11 settembre 2016

L`altro uomo / Delitto per delitto (Hitchcock 1951)

Il film, uscito in Italia sia con il titolo di L`altro uomo che con quello di Delitto per delitto, con cui fu edito in un secondo momento, in entrambe le soluzioni rivela qualcosa a differenza del più misterioso titolo originale, Strangers on a train, che si limita a riprendere il titolo del romanzo di Patricia Highsmith (1950) da cui la pellicola è tratta e, soprattutto, cita uno degli oggetti essenziali della trama.
Il treno, infatti, è centrale nella storia ed è protagonista del magnifico avvio in cui il regista riprende solo le gambe dei personaggi che vediamo camminare in una stazione ferroviaria e salire su un vagone finché, una volta seduti, i loro piedi si toccano e solo in quel momento la mdp ci mostra finalmente i loro volti: un incontro fortuito anticipato dalla metafora segnata dall'inquadratura degli scambi dei binari.
In questo caso Hitchcock, che all'arrivo di quel treno inserisce il suo consueto cameo con un violoncello al seguito, non si limita a farli vedere, ma aggiunge un'esplicativa voce narrante che si chiede se quei binari correranno paralleli o si incroceranno: la risposta, ovviamente, è in quei piedi che si toccano!
Guy Haines (Farley Granger) è un affermato tennista che tra un torneo e un altro deve gestire la separazione con la moglie Miriam (Kasey Rogers) che ha già sostituito con una nuova fidanzata, Ann (Ruth Roman), figlia di un senatore (Leo G. Carroll); Bruno Antony (Robert Walker), invece, è un giovane proveniente da una famiglia agiata, che ha un ottimo rapporto con la madre e pessimo con il padre.
Il dialogo iniziale tra i due conduce lo spettatore in medias res, poiché Bruno parla a Guy del delitto perfetto e, discettando di omicidi e moventi, gli propone per assurdo uno scambio di delitti (quello citato da uno dei titoli italiani): lui potrebbe uccidere Miriam e Guy contraccambiare il favore eliminando suo padre, in modo da non essere sospettati. Guy prende tutto poco sul serio, ma fa l'errore di dimenticare il suo accendino sul treno...
È proprio l'accendino, infatti, l'altro oggetto protagonista del film, anche più del treno: uno Zippo metallico (la casa di Bradford esisteva sin dal 1932), un Ronson "Adonis" personalizzato e decorato con due racchette da tennis incrociate sopra le lettere incise A to G, un regalo ricevuto da Ann.
Su questo fantastico oggetto-dispositivo è stato scritto molto e recentemente si è persino guadagnato parte del titolo di un bellissimo libro sul cinema di Antonio Costa (La mela di Cézanne e l'accendino di Hitchcock, 2014), che giustamente ricorda come Hitchcock tornò ad usare lo Zippo per L'uomo del Sud, uno dei più riusciti episodi della quinta stagione (1959-60) della serie tv Alfred Hitchcock presents, in cui a contenderselo erano Steve McQueen e Peter Lorre, poi ripreso da Tarantino in L'uomo di Hollywood, episodio da lui diretto nel film collettivo Four Rooms (1995).
Il regista gioca, come sempre, sulla dilatazione del tempo e usa le immagini per conferire senso anche senza l'ausilio delle parole: per la prima si pensi al bel montaggio alternato tra la partita di tennis di Guy e il recupero dell`accendino caduto nel tombino da parte di Bruno; per le seconde basti citare alcune ellissi, quella particolarmente significativa di Guy che si sfoga a telefono parlando di Miriam e agita le mani e Bruno che compie lo stesso gesto mentre fa la manicure, quella in cui i due protagonisti guardano l`orologio nello stesso momento ma in luoghi diversi, e poi l'ellissi "piscologica" di Bruno che, fissando Barbara (Patricia Hitchcock), rivede in un vero e proprio transfert Miriam e i suoi occhiali, terzo oggetto protagonista del film.
Come capita spesso in Hitchcock, il personaggio moralmente negativo è il più simpatico, e Bruno a tratti sembra anticipare il ruolo di Max Cady interpretato da Robert Mitchum ne Il promontorio della paura (Lee Thompson 1962): ha toni beffardi, sa piacere agli altri in occasioni mondane e, quando un bambino lo "minaccia" con una pistola-giocattolo, lui gli buca il palloncino con una sigaretta.
È proprio questa gag, peraltro, che anticipa la scena madre del luna park che lo vede protagonista: l`avvicinamento alla vittima stazionando nelle stesse attrazioni (e non è certo un caso che la barca con cui Bruno entra nel "tunnel dell'amore" si chiami Plutone, come il re degli inferi), gli sguardi seducenti, la bellissima inquadratura dell`omicidio riflessa negli occhiali che ha fatto epoca (si pensi alla citazione di De Palma in Carlito`s Way), tutto praticamente perfetto!
A contrasto con il "colpevole" Bruno, cosa dire dell' "innocente" Guy, che in fondo gioverà di un crimine commesso da qualcun altro in un meccanismo davvero perverso di una trama a cui, per esempio, tennis compreso, deve tantissimo anche uno dei film di Woody Allen più celebrati degli ultimi anni come Match Point (2005)?
Eppure Hitchcock, nell'intervista a Truffaut, sottolinea di essere stato molto soddisfatto della forma del film, mentre due aspetti non lo hanno mai convinto: la "mancanza di efficacia" dei due attori (al posto di Farley Granger avrebbe voluto William Holden), e, soprattutto, la sceneggiatura. I difficili rapporti con lo "specialista" Raymond Chandler e la sua permalosità rispetto alle soluzioni proposte da Hitch, infatti, ne causarono l'allontanamento, a copione già scritto, in favore di Czenzi Ormonde, assistente di Ben Hecht, che ritoccò il lavoro del più celebre collega.
Altro punto d`orgoglio del regista sono i ruoli secondari e se, ad esempio, la protagonista femminile Ruth Roman, davvero poco hitchcockiana, gli fu infatti imposta dalla Warner Bros, sono ben più adatti nei loro ruoli Kasey Rogers, l`insopportabile e bisbetica moglie di Guy ("cambiare idea è una prerogativa della donna"); Patricia Hitchcock, figlia del cineasta, in quelli di Barbara, la sorella minore di Ann, a cui spettano diverse battute ficcanti, argute e politicamente scorrette.
Detto questo, resta comunque la forma strabiliante a rubare l`occhio e sarebbe lungo l`elenco di tutti i momenti esteticamente da manuale, ma almeno alcuni altri meritano la segnalazione: penso al surcadrage di un`inquadratura all`interno delle volute decorative di un cancello (lo sguardo è quello di Bruno); all`apparizione della silhouette di Bruno in lontananza tra le colonne del Campidoglio di Washington, che tanto ricorda nei rapporti dimensionali l`immagine del sogno di Gregory Peck in Io ti salverò; così come il pugno in soggettiva ricevuto da Bruno è del tutto simile allo sparo della pistola di Leo G. Carroll nello stesso film del 1945.
E, infine, la sequenza della giostra impazzita con la colluttazione tra i due protagonisti, realizzata con un modellino e i trasparenti, ma non senza che una comparsa abbia rischiato la vita a detta dello stesso Hitch.
Concludo questa recensione con una doverosa citazione, all'origine del già citato libro di Antonio Costa,  dall'Histoire(s) du cinema (Godard 1988-98): "sono diecimila persone, forse, che non hanno dimenticato la mela di Cézanne ma sono un miliardo gli spettatori che si ricorderanno dell'accendino di Delitto per delitto".

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