lunedì 5 ottobre 2015

L'attesa (Messina 2015)

Uscite dal cinema e cercate di pensare, oggi, ad un'attrice più brava di Juliette Binoche... A chi scrive sembra un'impresa pressoché impossibile, perché l'indimenticabile protagonista,
 tra i tanti, di Film blu (Kieslowski 1993), non sembra avere rivali attualmente e lo dimostra con un'interpretazione straordinaria nel bel film girato da Piero Messina.
E bastano i primi minuti per capire che l'ex assistente alla regia di Paolo Sorrentino (This must be the place La grande bellezza) è ormai un buon regista e deve molto al suo maestro: inquadrature ricercate, slow motion e sottofondi musicali di grande impatto sono le caratteristiche principali anche del suo cinema (trailer).

Un Crocifisso inquadrato dall'alto - come nel celebre dipinto di Salvador Dalì - inizia a girare, mentre la mdp scende fino a mostrare un'anziana donna, vestita di nero, baciargli i piedi... il tutto al ralenti. Stacco: aula di una chiesa, inquadratura bassa dalle gambe di una donna, lungo le cui gambe scorre un rigagnolo di urina. Altro stacco: un uomo inchioda dei drappi di pesante stoffa nera alle pareti per coprire gli specchi di una casa e poi un'altrettanto rituale chiusura delle finestre, fino all'ultima, in fondo ad una prospettiva centrale, chiusa la quale l'intero schermo diventa nero.
Non servono parole per descrivere il terribile dolore di Anna (Juliette Binoche) per la morte di suo figlio, Giuseppe (
Giorgio Colangeli), poco più che ventenne, protagonista in absencia dell'intera storia. Non meno visivamente affascinanti i titoli di testa seguenti, su cui scorrono le immagini del monitor del rullo dei bagagli di un aeroporto. 
Con queste sequenze ad effetto inizia il film liberamente ispirato alla novella di Luigi Pirandello La vita che ti diedi (1923), in cui regia e prove degli attori si dividono equamente l'ottimo risultato finale.

La vicenda è tutta nel rapporto tra Anna e la giovane Jeanne (Lou de Laâge), la fidanzata di Giuseppe che arriva dalla Francia convinta di essere ospite in casa del ragazzo, che aspetterà per tutta la durata del film. Anna, infatti, decide di non rivelarle l'accaduto, o meglio di aspettare il momento giusto che continuerà a rimandare - l'attesa del titolo - fingendo che la persona di cui si è celebrato il funerale sia in realtà suo fratello nonché zio di Giuseppe, motivo per il quale il ragazzo sarebbe lontano da casa, dove tornerà però per il giorno di Pasqua. 
Le due si conoscono così per la prima volta, condividendo un'esperienza simile: anche Anna è francese e anni prima ha fatto lo stesso percorso che l'ha portata in Sicilia, dove poi si è stabilita sposando il padre di Giuseppe, da cui ha poi divorziato (divertente il racconto in cui spiega a Jeanne come quel suo passo abbia dato la forza per separarsi dal marito anche a sua suocera).
La Binoche è eccezionale nel passare in un istante dai sorrisi che sembrano darle serenità alla tristezza infinita per l'incolmabile perdita subita dal suo personaggio, dopo un ricordo o una parola che la riportano improvvisamente alla dura realtà, ma è anche un'amorevole complice di Jeanne, che coccola e accompagna a fare la turista a Piazza Armerina. Davanti agli splendidi mosaici Anna alleggerisce la tensione parlando del bikini delle ginnaste e chiedendo ironicamente a Jeanne "pensavi l'avesse inventato Louis Réard?" (l'ingegnere e stilista francese che nel 1946 lo mise in commercio per la prima volta); oppure alla proposta della ragazza di fare un bagno nel lago della tenuta - bellissime le inquadrature davvero "sorrentiniane" di Jeanne in acqua -, risponde con classe ineguagliabile e schiva femminilità con quella che è probabilmente la più bella battuta del film: "ci sono parti del mio corpo che sono abituata a vedere al buio".

Tante le scene che restano nella memoria, oltre quelle iniziali già descritte: la bella soggettiva con cui viviamo il risveglio di Jeanne in quella grande casa al mattino dopo il suo arrivo, ignara del perché di tutte quelle persone; la bella prospettiva centrale di una cena che, ripresa frontalmente e con Anna seduta al centro, con finestre colorate alle spalle, non può non far pensare al Cenacolo leonardesco (o a tante altre Ultime cene); le tante nature morte costituite dalle numerose inquadrature che descrivono la grande villa di campagna in cui è ambientato il film, e soprattutto dei dettagli della camera di Giuseppe, in cui è rimasto tutto com'era il giorno della sua scomparsa; fino alla processione dei Misteri di Caltagirone (ricordo d'infanzia del regista) a cui parteciperà Anna con suo figlio idealmente al fianco. 
Da brividi, infine, le immagini in cui vediamo il vetro smerigliato di una finestra o della doccia, dietro i quali compare la sagoma deformata dello stesso Giuseppe, in una metafora della morte ripresa dal bellissimo La camera verde di François Truffaut (1978), indubbiamente uno dei più intesi film mai girati sulla morte e sui sentimenti che essa scatena. E tutti quei sentimenti sono qui condensati nelle espressioni di Anna, che prova a continuare a vivere, a rivedere suo figlio nei racconti di Jeanne, a nutrirsi dell'entusiasmo della sua inutile attesa, in una forma di egoismo che le viene imputata da Pietro, il sensale della villa, un uomo silenzioso dallo sguardo duro e implacabile che non condivide il comportamento della donna nei confronti di Jeanne e se ne va non prima di un gesto che cambia irrimediabilmente il finale della storia.
Oltre alla regia e alle interpretazioni delle due attrici, è la colonna sonora che contribuisce ad farci "entrare" completamente nella storia: dalla struggente Trisagion di Arvo Pärt, alle dissonanze di Alexander Knaifel con Lamento e The song of the most holy Theotokos, fino alle eteree sonorità di Nocturne 2 Last Supper di Ben Lukas Boyson. Ma lo fanno ancor di più, con titoli e testi che che si adattano perfettamente alla pellicola di Messina, la coinvolgente Missing dei The XX e Waiting for the miracle di Leonard Cohen, che accompagna una sensuale scena di danza di Jeanne con cui contrasta proprio uno di quegli splendidi momenti di improvviso cambio d'umore di Anna in cui Juliette Binoche dimostra di essere un'attrice sensazionale (vedi).

1 commento:

  1. Tutti questi dettagli notati e sentiti, i riferimenti all'iconografia e al cinema, gli appunti di ciò che resta nella memoria personale... Per caso ho trovato questa pagina, che mi conferma perché bisogna dedicare così tanto tempo e così tanta cura nel fare un film. Grazie a te, che hai così tanta cura nel guardarlo.

    Andrea, uno degli sceneggiatori del film.

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